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martedì 12 maggio 2020

Fruscii elettrici - Racconto fanta/domestico/erotico by Giulio Emme

Fruscii elettrici  

Per un attimo ho pensato di sognare e che intorno a me una torma di scoiattoli rossi, non grigi, notoriamente yankee, avesse scatenato una delle loro sarabande al cadere delle nocciole per effetto di forti raffiche di maestrale.
 Mi sono svegliato di soprassalto e sono corso verso il fruscio li in fondo nel più profondo del bosco. Almeno così credevo di vedere, sentire, capire.
Niente di più sbagliato!
Nessun bosco e tanto meno scoiattoli. Rossi poi. ...
La cucina immersa nella penombra nascondeva gli sconci approcci degli elettropornodomestici
La lavastoviglie, sportello spalancato, cestini all'aria bippava e fumava quasi avesse fuso i relè
Nell'angolo opposto il frigo, con le spie acceso,min, ripresa, freezer, giaceva immerso nei residui dei suoi sciolti ghiaccioli . Esanime ...
Ho atteso un pò, poi sbirciando da dietro lo spigolo dell'anti - cucina, ho inteso chiaramente un sommesso bisbiglio provenire dal doppio servizio.
Con apprensione crescente ho strisciato sino al varco e li...immobile, protetto dal buio, ferito solo dai vaghi riflessi sulla parete dei led di quei porcaccioni, trattenendo il respiro, li sento..
B - oral, lo spazzolino elettrico, con voce rotta dall'emozione: "... Capisci, è riuscita! Ora chi potrà rimediare?"
Braun, il rasoio, notoriamente vecchio guardone infoiato: " ..Si, si, è lei! Sempre saputo che ci stava. Con tutti. Proprio con tutti. Basta una scossa e lei....fiuuuuuuuuuuu!"
 Agitava e roteava il suo cavo, lasciando poco all'immaginazione del vortice di passione che lo scuoteva.
Ho avuto terrore di ciò che si agitava dietro la siepe.

venerdì 8 maggio 2020

Il lago dove prima non era. Primo viaggio

 Racconto poetico. By Antonio Scatamacchia


Lascio che la fantasia navighi… tra quelle sponde sabbiose del fiume Tarim, nel deserto alle propaggini di KurukTagh, in quel lontano 1930, su due battelli scavati nei tronchi di pioppi, congiunti da tavole per la stabilità tra i flutti, concatenanti nei misteri dell’oblio di un territorio percorso da secoli da carovane di mongoli e cinesi a dorso di trasecolanti cammelli.
Quella striscia arsa di terra, che è stata ai tempi romani la Via delle Spezie, con la quale le ancelle condivano le carni e le sete che ornavano il petto delle matrone e le spalle. Riscoperta nel XII°secolo dopo periodi di oscuramento e silenzi di storia nei viaggi di Niccolò Polo e lo zio Matteo, con il piccolo Marco, e di Marco, solitario, a raggiungere il Gran Kubilai Khan, è apparsa, dopo sotterramento di immagini e ignoranza di terre, ai nostri giorni.
E si scava, tra Mese e Jardang, la strada della solidarietà tra berberi, nomadi turchi mongoli ed esploratori Chen. Sui passi di quel viaggio ripetuto più volte dallo studioso svedese SvenHedin vado alla ricerca del lago errante tra sabbie e paludi del deserto di Lou-lan, dove tramonti infocati e smerigli incastonati nei profondi azzurri, in uno sfociare di canne e  tamarischi, coprono la sponda per navigare all’ignoto e poi rifiorire in un aperto immenso, dove il cielo si confonde con la terra all’orizzonte e gli orizzonti nel vuoto dell’immenso deserto.
Il viaggio scopre ancora le antiche vestigia di un mondo sommerso di principi e servi, di contadini e pastori, di anatre e cigni, di cammelli selvatici, cinghiali e lupi in una atmosfera percossa da turbinii d’aria e rovinose discese, di torbide folate di sabbia e terse incontenibili visioni, piramidi di pietre a traguardare per i mercanti la via a non smarrirsi  in quel vuoto immenso.
E a giorni di quiete, dove l’andare per acquee terre fa sognare vicina la riva si alternano delusioni quando l’emissario che percorro s’inabissa in paludi con bassifondi di sabbia, sì che i battelli spinti da remi s’arrestano e si è costretti a trascinarli per strade fangose tra tempeste di sabbia che trovi tra i capelli, negli occhi, fin dentro le scarpe e fatichi a distinguerti da quell’urlo senza sosta che costringe gettarti a terra.
E per impervie salite accecate dal sole percorri quell’habitat secco dove si ergono enormi scalini di sabbie e dure rocce di sale, che solo la voglia del lago dà motivo alla lotta.
Così procedo, finché il caso e la sorte intravedono un altro canale circondato da tamarischi che scorre di lato al corso del fiume…

6 maggio 2020


martedì 5 maggio 2020

Numa Pompilio e la Ninfa Egeria - Racconto poetico di Damiano Zignani


Che magico incontro quello tra Numa Pompilio, il secondo Re di Roma, e la Ninfa Egeria. Un amore sbocciato nella Valle della Caffarella, dopo che il Re avendo un po’ esagerato in libagioni per la festa del suo compleanno, si era addormentato nel Bosco Sacro; era una notte di luna piena. Quando al mattino si risvegliò, si accorse che aveva poggiato la testa sopra un gruppo di bianche Calle, ma che una di esse un po’ più staccata dalle altre mostrava segni di avvizzimento. Il Re volle ristabilire l’equilibrio e dopo avere bevuto un po’ dell’ acqua che sgorgava dalla fonte lì nei pressi , per ristorarsi e svegliarsi meglio dal suo torpore, ne versò  un po’ sopra il fiore usando sempre la sua coppa, con cui aveva bevuto il vino la sera prima . Poi raccolse le sue cose e fece per andarsene, e si accorse nel frattempo che la Calla aveva già ripreso freschezza e se ne stupì molto. Stava quindi incamminandosi verso la reggia, quando ad un tratto una voce cristallina di una dolce fanciulla che proveniva  dietro di lui  lo chiamò: “Oh mio Re, o mio grande Signore…!” Numa sorpreso e incredulo si voltò e la vide, e interrompendola  le disse:” Oh per Giove , i miei occhi vedono una meraviglia mai vista in forma umana, che nemmeno la bella Dea di Cipro potrebbe esserle pari, chi sei tu che vieni improvvisamente a illuminare i miei occhi?” E lei rispose: “ Oh mio Signore, il mio nome è Egeria, e non saprò mai come e quanto ringraziarvi , mi avete ridato la freschezza delle mie compagne, già mi sentivo vecchia e cadente…Io vivo qui nella Valle e non posso sdebitarmi che con la mia presenza…Se volete potrò farvi compagnia quando e come volete, vi racconterò tante storie di uccelli e alberi che qui da millenni vivono in armonia con il fiume Almone”. Lui dolcemente le prese la mano e l’accarezzo lievemente sul viso,  senza rispondere l’accompagnò alla fonte da cui aveva preso l’acqua e poi disse: “Se vuoi potremo darci appuntamento qui di notte ad ogni plenilunio.” La fanciulla sorrise e annuì col capo, le porse i sui omaggi salutandolo e poi tornò dalle sue compagne a riposare sull’erba fresca. Da quel giorno nacque il loro Amore perché  ad ogni luna piena i due amanti si diedero in quel luogo sempre appuntamento. Passarono i secoli e la fonte dell’acqua, che assunse il nome della Ninfa: Egeria, continuò ad essere di sollievo e freschezza  per chiunque stanco e assetato li si fermasse a riposare…

mercoledì 22 aprile 2020

L' arcobaleno non aspetta (Alda Merini) - By A. Cesselon

Alda Merini parla spesso della sua vita, della morte..della sua paura della morte e dell'amore...del fare una professione vicina la morte, ma questo in fondo... è il lavoro del poeta! Un'idea è solo un pensiero che si alza in volo.