venerdì 8 maggio 2020

Il lago dove prima non era. Primo viaggio

 Racconto poetico. By Antonio Scatamacchia


Lascio che la fantasia navighi… tra quelle sponde sabbiose del fiume Tarim, nel deserto alle propaggini di KurukTagh, in quel lontano 1930, su due battelli scavati nei tronchi di pioppi, congiunti da tavole per la stabilità tra i flutti, concatenanti nei misteri dell’oblio di un territorio percorso da secoli da carovane di mongoli e cinesi a dorso di trasecolanti cammelli.
Quella striscia arsa di terra, che è stata ai tempi romani la Via delle Spezie, con la quale le ancelle condivano le carni e le sete che ornavano il petto delle matrone e le spalle. Riscoperta nel XII°secolo dopo periodi di oscuramento e silenzi di storia nei viaggi di Niccolò Polo e lo zio Matteo, con il piccolo Marco, e di Marco, solitario, a raggiungere il Gran Kubilai Khan, è apparsa, dopo sotterramento di immagini e ignoranza di terre, ai nostri giorni.
E si scava, tra Mese e Jardang, la strada della solidarietà tra berberi, nomadi turchi mongoli ed esploratori Chen. Sui passi di quel viaggio ripetuto più volte dallo studioso svedese SvenHedin vado alla ricerca del lago errante tra sabbie e paludi del deserto di Lou-lan, dove tramonti infocati e smerigli incastonati nei profondi azzurri, in uno sfociare di canne e  tamarischi, coprono la sponda per navigare all’ignoto e poi rifiorire in un aperto immenso, dove il cielo si confonde con la terra all’orizzonte e gli orizzonti nel vuoto dell’immenso deserto.
Il viaggio scopre ancora le antiche vestigia di un mondo sommerso di principi e servi, di contadini e pastori, di anatre e cigni, di cammelli selvatici, cinghiali e lupi in una atmosfera percossa da turbinii d’aria e rovinose discese, di torbide folate di sabbia e terse incontenibili visioni, piramidi di pietre a traguardare per i mercanti la via a non smarrirsi  in quel vuoto immenso.
E a giorni di quiete, dove l’andare per acquee terre fa sognare vicina la riva si alternano delusioni quando l’emissario che percorro s’inabissa in paludi con bassifondi di sabbia, sì che i battelli spinti da remi s’arrestano e si è costretti a trascinarli per strade fangose tra tempeste di sabbia che trovi tra i capelli, negli occhi, fin dentro le scarpe e fatichi a distinguerti da quell’urlo senza sosta che costringe gettarti a terra.
E per impervie salite accecate dal sole percorri quell’habitat secco dove si ergono enormi scalini di sabbie e dure rocce di sale, che solo la voglia del lago dà motivo alla lotta.
Così procedo, finché il caso e la sorte intravedono un altro canale circondato da tamarischi che scorre di lato al corso del fiume…

6 maggio 2020


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